Non è ammissibile un’azione revocatoria, non solo fallimentare, ma neppure ordinaria, nei confronti

di un fallimento, stante il principio di cristallizzazione del passivo alla data di apertura del concorso

e il carattere costitutivo delle predette azioni, che modificano ex post una situazione giuridica

preesistente, sia privando di effetti atti che avevano già conseguito piena efficacia, sia

determinando, conseguentemente, la restituzione dei beni o delle somme oggetto di revoca alla

funzione di generale garanzia patrimoniale e alla soddisfazione dei creditori di una delle parti

dell’atto. Il patrimonio del fallito è, infatti, insensibile alle pretese di soggetti che vantino titoli

formatisi in epoca posteriore alla dichiarazione di fallimento e, dunque, poiché l’effetto giuridico

favorevole all’attore in revocatoria si produce solo a seguito della sentenza di accoglimento, tale

effetto non può essere invocato contro la massa dei creditori, ove l’azione sia stata esperita dopo

l’apertura della procedura stessa.

Cass. civ. Sez. Unite, 23-11-2018, n. 30416